La farina dei partigiani by Piero Purich & Andrej Marini

La farina dei partigiani by Piero Purich & Andrej Marini

autore:Piero Purich & Andrej Marini [Purich, Piero & Marini, Andrej]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: resistenza, Antifascismo, comunismo, nordest, nord-est
editore: Alegre
pubblicato: 2020-12-02T23:00:00+00:00


32

Futuro. Monfalcone. Inizio novembre 1956

La voce secondo cui Marco Sfiligoi è morto in qualche galera di Tito è girata per Monfalcone e tra tutti quelli che sono rientrati dalla Jugoslavia. Sidonia ci mette del tempo a capire che quello spettro che ha davanti è un risorto. Lo guarda, cercando di ritrovare le fattezze dell’uomo di quarant’anni che ha conosciuto in Jugoslavia. Ma quel relitto sembra averne settanta, non è neanche l’ombra del compagno baldanzoso e fiero che aveva combattuto in Spagna e in Francia. Lo riconosce dagli occhi: il colore, lo sguardo. Non sono più gli occhi luminosi e fieri del partigiano, del combattente antifascista, dell’operaio entusiasta emigrato per costruire il socialismo: quelli che la stanno guardando sono gli occhi di un uomo vinto, piegato, distrutto. Lo sguardo è velato, come se la osservasse da un passato lontano, occhi senza speranza, portatori di un dolore immenso, di una tristezza infinita che ormai ha depositato una cataratta di disillusione tra l’uomo e il presente.

Sottovoce, quasi a non volerlo ferire, gli chiede piano: «Marco?». Poi aggiunge: «Marco Sfiligoi?», e se ne pente subito, si pente di aver sottolineato con quel cognome quanto e come sia cambiato quell’amico.

L’uomo, con una lentezza dolorosa, annuisce, il sorriso si allarga rivelando la tremenda assenza degli incisivi. Quegli occhi così lontani diventano lucidi, si bagnano, un paio di lacrime scendono sul viso rugoso. Il vecchio fa un passo traballante verso di lei e Sidonia lo abbraccia. «Marco...», non aggiunge altro: chiedere sarebbe stupido, non c’è nulla da raccontare, nessuna parola può narrare cosa ha visto e vissuto quell’uomo, cosa è riuscito a piegarlo e schiacciarlo in quel modo. Lo può solo intuire. Si gira verso il bambino che guarda quella scena senza capire nulla, poi urla: «Marco!!! Marco! Marco è tornato!».

Marco si è fermato solo poche settimane. Lo hanno fatto dormire nel letto di Andrej: per il tempo in cui è stato alla Crosera il piccolo è tornato nel letto dei genitori. È già successo due anni prima: in attesa della sentenza del processo su Porzûs, i compagni hanno chiesto a Edi di nascondere “Sasso”, Mario Fantini, il comandante della divisione Garibaldi Natisone.

Si era già fatto un anno e mezzo di galera in attesa del processo, i fascisti gli avevano messo una bomba in casa che aveva fatto crollare tutta la facciata. Gli erano state mosse accuse pesantissime: omicidio, sequestro di persona, rapina, alto tradimento, attentato all’integrità dello stato. In primo grado era stato assolto e rilasciato ma in appello rischiava la condanna. Doveva essere nascosto in attesa della sentenza perché se fosse stato condannato avrebbe rischiato l’ergastolo e, nel caso, si sarebbe dovuta preparare la sua fuga in Cecoslovacchia o in un altro paese socialista. Era stato temporaneamente ospitato da Edi. Assieme a Sidonia avevano istruito Andrej, che aveva solo cinque anni: «Se qualcuno suona o bussa, mentre noi andiamo ad aprire tu vai a prenderlo, gli apri la botola e lo fai nascondere sotto il pavimento. Ti porti dietro un giocattolo, ti metti seduto sopra la botola e stai lì finché non ti diciamo che puoi spostarti e che Mario può tornare fuori».



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